a cura di Irene Righetti (fonte Gazzetta dello Sport)
Il PRP, acronimo di plasma ricco di piastrine, è una tecnica rigenerativa sempre più utilizzata in ambito sportivo per favorire la guarigione dei tessuti. Si basa sul prelievo di una piccola quantità di sangue del paziente, da cui - attraverso un processo di centrifugazione - si ottiene una parte altamente concentrata di piastrine. Queste, ricche di fattori di crescita, vengono poi infiltrate nella zona lesionata per stimolare la rigenerazione di tendini, legamenti, muscoli o cartilagini. Per capire meglio che di che cosa si tratta, ne abbiamo parlato con Roberto Rossetti, medico fisiatra, è stato responsabile della nazionale italiana di mezzofondo e maratona.
Dott. Rossetti ci può spiegare in che cosa consiste il PRP e come si esegue?
“Si esegue un prelievo venoso nel braccio del paziente, quindi il sangue viene centrifugato per 5 minuti ad alta velocità, così da ottenere un liquido che contiene plasma, globuli bianchi e piastrine. Nella parte finale di questa soluzione c’è una concentrazione maggiore di piastrine, mentre nella parte iniziale, più superficiale, ci sono più globuli bianchi. Io utilizzo sia la compente piastrinica e sia quella con i globuli bianchi. La soluzione ottenuta viene iniettata nella parte da trattare, ad esempio nel ginocchio, o in altre aree a seconda delle problematiche”.
Prima del PRP occorre però verificare se si possiede un sufficiente numero di piastrine.
“Esattamente, prima occorre fare le analisi del sangue e verificare di avere un certo numero di piastrine. Minimo 200 mila, al di sotto di questo valore non sarebbe molto efficace”.
Chi può fare il trattamento?
“Tutti, è una pratica priva di rischi e priva di controindicazioni”.
Sempre più sportivi ricorrono al PRP, ad esempio i runner con problematiche alle ginocchia.
“È vero, perché c’è un recupero della cartilagine; quando ad esempio hai una condropatia, parliamo di condropatia lieve, lo fai con uno scopo rigenerativo, per rigenerare i tessuti”.
Quante sedute occorre fare?
“Si fanno tre sedute distanziate un mese l’una dall’altra”.
Dopo la prima seduta si può riprendere a fare attività sportiva?
“Per due giorni il paziente non deve fare attività fisica. Poi può riprendere ma se il suo sport principale è la corsa, per un po’ di tempo la deve mettere da parte e, almeno fino alla fine del ciclo, deve praticare attività alternative come il nuoto o la bici. Per non creare dei danni all’articolazione che si sta rigenerando”.
Dopo avere terminato il ciclo, il trattamento dopo quanto tempo si può ripetere?
“In genere si consiglia un richiamo all’anno o, a volte, ogni sei mesi. Dipende dalla gravità del problema, dall’età e dalla risposta individuale del paziente”.