martedì 12 agosto 2025

ARITMIE CARDIACHE

COSA SONO E COME SI CURANO

(fonte Gazzetta dello Sport)

Le aritmie cardiache sono sempre più diffuse: si stima che ne soffrano circa un milione di italiani, ed è molto recente anche il caso dell’ex capitana dell’Inter Regina Baresi, che ha annunciato di essersi operata proprio a causa di questo problema cardiaco. Ma di cosa si tratta precisamente? Possono essere pericolose? 

Lo ha spiegato il dottor Cesare Storti, aritmologo, responsabile UO di cardiologia e del Servizio di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione dell’Istituto di Cura Città di Pavia: “Un’aritmia è un’alterazione del normale ritmo cardiaco. Normalmente, il cuore batte con una sequenza regolare: ogni battito è separato dal successivo da un intervallo ben definito. Le aritmie rappresentano qualsiasi variazione di questo ritmo. Ce ne sono di diversi tipi: le forme ipocinetiche rallentano il battito (si parla di bradicardia), mentre nelle forme ipercinetiche – le più frequenti – il cuore accelera in modo non fisiologico. Esiste una grande varietà di aritmie: si va dalle semplici extrasistoli alle tachicardie parossistiche, sia sopraventricolari che ventricolari, fino ad arrivare a quella di più frequente riscontro clinico, la fibrillazione atriale. Per quanto riguarda le cause, distinguiamo tra forme idiopatiche – cioè non legate a una patologia cardiaca strutturale – e forme secondarie a una malattia del cuore, come la cardiopatia ischemica, la cardiopatia valvolare o la cardiomiopatia dilatativa.

Come spiega Storti esistono diversi trattamenti in base al tipo di aritmia e alla sintomatologia: “Alcune aritmie sono benigne e causano solo fastidi, spesso nemmeno percepiti dal paziente. Un esempio sono le extrasistoli: se non sono associate a cardiopatie si trattano in modo sintomatico, ovvero per ridurre il disturbo, non per curare la causa. Anche se fastidiosa, l’extrasistole può essere benigna, e in tal caso si può intervenire con una terapia farmacologica lieve. Per aritmie più importanti, come le tachicardie parossistiche sopraventricolari, si può optare per farmaci antiaritmici più potenti, oppure – come avviene sempre più spesso – si interviene con una ablazione transcatetere, che rappresenta oggi la via terapeutica principale. Per quanto riguarda la fibrillazione atriale può essere trattata con farmaci, ma quando questi non bastano è necessario ricorrere all’ablazione. Infine, le aritmie ventricolari sono ancora più pericolose e spesso associate a cardiopatie ischemiche o miocarditi. In questi casi, oltre a farmaci e ablazione, si può arrivare alla necessità di impiantare un defibrillatore, perché queste aritmie possono anche essere mortali”.

Come detto, l’ablazione cardiaca è ormai una tecnica consolidata ed efficace, praticata da ormai 30 anni. “È diventata la prima scelta terapeutica per le tachicardie parossistiche sopraventricolari perché i farmaci in questi casi possono solo contenere il problema, ma non eliminarlo. L’ablazione è invece risolutiva in quasi il 100% dei casi: il paziente guarisce e non ha più recidive. Oggi consigliamo direttamente questo approccio, senza passare per la terapia farmacologica” spiega il dottor Storti, che poi prosegue: “Per la fibrillazione atriale si può iniziare con farmaci, ma anche in questo caso non si ottiene una guarigione, solo un controllo temporaneo. L’ablazione è molto efficace soprattutto nei pazienti giovani e senza cardiopatie strutturali, con una percentuale di successo dell’80-85%, che però scende in presenza di altri fattori di rischio come l’età avanzata o l’ipertensione. L’ablazione consiste nell’introdurre dei cateteri attraverso le vene dell’inguine o del braccio, raggiungendo le camere cardiache. A quel punto grazie a dei sistemi computerizzati di mappaggio si localizzano i focolai aritmogeni e si distruggono utilizzando la radiofrequenza o la crioterapia, tramite la quale il tessuto viene raffreddato. Recentemente si è aggiunta una terza tecnologia: l’elettroporazione, molto promettente soprattutto per la fibrillazione atriale, perché colpisce il tessuto in modo più profondo, preciso e sicuro. L’ablazione può essere eseguita a tutte le età, ma nei pazienti più anziani bisogna valutare bene le indicazioni. L’intervento dura solitamente da una a due ore, viene effettuato in sedazione profonda o anestesia generale e il ricovero è di circa 1-2 giorni. La convalescenza è breve, solitamente una settimana”.

In base alla gravità, le aritmie possono avere anche delle conseguenze più o meno gravi: “Le aritmie più semplici, come le extrasistoli, se non associate a cardiopatie, sono fastidiose ma benigne. Le tachicardie parossistiche in un cuore sano non sono generalmente pericolose, ma in alcuni casi, come durante uno sforzo, possono raggiungere frequenze molto elevate. All’esordio possono causare ipotensione, stanchezza, vista offuscata o svenimento. Se, ad esempio, si verifica una perdita di coscienza mentre si nuota, ci possono essere seri rischi per la vita. La fibrillazione atriale, un tempo considerata benigna, può invece causare conseguenze molto gravi: se trascurata può portare a un ictus ischemico cerebrale, soprattutto nei soggetti predisposti. Per questo motivo chi sospetta di avere un’aritmia deve rivolgersi al cardiologo o all’aritmologo, per identificarla e valutare la terapia più adeguata. Infine, come detto, le aritmie ventricolari sono le più pericolose perché spesso si associano a cardiopatie ischemiche o miocarditi, e possono essere anche mortali”.

“Quasi tutte le aritmie possono essere scatenate dallo sforzo fisico. Per questo motivo, gli sportivi devono sottoporsi a visite di idoneità sportiva, per valutare il rischio. Durante lo sforzo, il cuore accelera per effetto dell’aumento degli ormoni adrenergici, che lo rendono anche più eccitabile, quindi più predisposto alle aritmie. Se l’aritmia compare proprio sotto sforzo, può diventare più pericolosa, perché le frequenze possono raggiungere livelli elevati: da 140-150 bpm in condizioni normali si può arrivare a oltre 200 bpm. In questi casi, il cuore potrebbe non pompare sangue a sufficienza, andando incontro a ischemia e ad altre complicanze gravi” conclude il dottor Storti.


 

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