La bocca sembra secca, asciutta. A volte quasi ruvida. Se avete provato questa sensazione dopo aver consumato un quadretto di cioccolato extrafondente o più semplicemente una coppa di fragole e mirtilli, sappiate che si tratta di una reazione gustativa del tutto normale. E non deve preoccupare. Al contrario: la percezione di un sapore “astringente” legato ai flavanoli o flavonoli (quindi a particolari polifenoli) si rivela davvero positiva per questi ed altri alimenti, il cui consumo regolare nell’ambito di una dieta varia risulta associato ad un miglioramento della memoria e delle capacità cognitive, nonché alla protezione dai danni neuronali. Il tutto, alla faccia della scarsa biodisponibilità: è davvero ridotta la frazione che entra effettivamente nel sangue ed è disponibile per l’organismo dopo l’ingestione. Ma allora, come mai sono così attivi? Ecco lo studio che lo spiega.
Cosa sono i flavonoidi
I flavanoli o flavonoli rappresentano una sottoclasse di flavonoidi, composti polifenolici di origine vegetale, noti per la loro attività antiossidante e presenti nella maggior parte di frutta e verdura. Esempi comuni includono la quercetina e il kaempferolo, che si trovano in alimenti come cipolle, broccoli e frutti di bosco. Grazie alle loro proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, si ritiene che i flavonoli contribuiscano a ridurre il rischio di malattie cardiache e a proteggere il cervello dall’invecchiamento. I flavonoli sono presenti in molte verdure e frutti, spesso concentrati negli strati esterni, a partire da cipolle, broccoli, cavoli, pomodori per arrivare fino a frutti di bosco (mirtilli, lamponi), mele, uva. Anche il tè e il vino rosso possono contenere polifenoli e quindi flavonoli.
Attività sul sistema nervoso
Un gruppo di studiosi guidato da Yasuyuki Fujii e Naomi Osakabe dello Shibaura Institute of Technology, in Giappone, ha studiato come i flavanoli influenzino il sistema nervoso attraverso la stimolazione sensoriale. Lo studio è apparso su Current Research in Food Science. Ed ha valutato l’ipotesi che il sapore astringente dei flavanoli possa agire come un segnale diretto al cervello. In pratica, si è partiti dal presupposto che il sapore “astringente” funga da stimolo, trasmettendo segnali direttamente al sistema nervoso centrale. Quindi, correndo attraverso i nervi, la stimolazione dei flavanoli viene trasmessa attraverso i nervi sensoriali per attivare il cervello, inducendo successivamente risposte fisiologiche in periferia attraverso il sistema nervoso simpatico. L’indagine è stata realizzate in topi con somministrazione di flavanoli a dosi diverse o acqua distillata come placebo. Ai test di comportamento i topi alimentati con flavanoli hanno mostrato una maggiore attività motoria, un comportamento esplorativo e un miglioramento dell’apprendimento e della memoria rispetto ai controlli. I flavanoli hanno potenziato l’attività dei neurotrasmettitori in diverse regioni cerebrali. La dopamina, la noradrenalina ed un suo metabolita sono risultati elevati nella rete locus coeruleus-noradrenalina subito dopo la somministrazione. Queste sostanze regolano la motivazione, l’attenzione, la risposta allo stress e l’eccitazione.
L’azione antistress
Non solo. L’analisi biochimica ha rivelato livelli urinari più elevati di catecolamine – ormoni rilasciati durante lo stress – quindi con maggior eliminazione di questi composti. Nel complesso, questi risultati dimostrano che l’assunzione di flavanoli può innescare risposte fisiologiche di ampio respiro simili a quelle indotte dall’esercizio fisico, fungendo da moderato fattore di stress che attiva il sistema nervoso centrale e migliora l’attenzione, l’eccitazione e la memoria. “Le risposte allo stress provocate dai flavanoli in questo studio sono simili a quelle provocate dall’esercizio fisico. Pertanto, un’assunzione moderata di flavanoli, nonostante la loro scarsa biodisponibilità, può migliorare la salute e la qualità della vita – è il commento di Fuji in una nota”. Questi risultati hanno potenziali implicazioni nel campo della nutrizione sensoriale. In particolare, è possibile sviluppare alimenti di nuova generazione basati sulle proprietà sensoriali, sugli effetti fisiologici e sulla palatabilità degli alimenti.
