sabato 30 maggio 2020

DOLORI AL GINOCCHIO

CARTILAGINI E CORSA
a cura di Maria Elena Perrero
(fonte Gazzetta della Sport)

Chi corre lo sa: il piacere mentale oltre che fisico e il senso di libertà di una corsa può essere messo in pericolo da quei dolori improvvisi, talvolta persistenti, alle ginocchia che sembrano quasi volerci segnalare che abbiamo esagerato, anche se magari saremmo andati avanti ancora. Ma come tutti i dolori, sono segnali che il corpo ci manda. E in molti casi indicano problemi alle cartilagini. Come prevenirli? E come curarli? Lo abbiamo domandato al dottor Daniele Casalini, primario dell’Unità operativa di Ortopedia II presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza-Gruppo San Donato, già medico sociale dell’Inter e attualmente medico sociale della squadra di basket Olimpia Milano.


“Le cartilagini sono un tessuto non vascolarizzato: questo significa che non hanno la capacità di rigenerarsi degli altri tessuti”, chiarisce subito il dottor Casalini. “Proprio per questo motivo gli interventi che si possono fare agiscono a livello di trofismo: attraverso i condroprotettori, integratori che contengono ricostituenti fondamentali della cartilagine, oppure con infiltrazioni di acido ialuronico, che aumenta la viscosità del liquido sinoviale, il lubrificante naturale delle articolazioni”.

- Quando si può parlare davvero di sofferenza delle cartilagini?

“La condropatia, la sofferenza delle cartilagini, vede cinque gradi che vanno da zero a quattro. All’ultimo grado non c’è più il rivestimento della cartilagine e quindi l’unica soluzione è l’intervento chirurgico. Ma a questo livello si arriva se si trascura la situazione in maniera irresponsabile”, sottolinea il dottor Casalini.

- Tra gli sportivi amatoriali, a che punto si è in condizioni tali per cui è necessario rivolgersi ad uno specialista?

“In genere i giovani atleti si rivolgono all’ortopedico quando il dolore, soprattutto nei podisti, diventa preponderante. Dico i podisti perché spesso sono più resistenti al dolore. Quando si ha dolore a freddo, e la sensazione dolorosa dura anche il giorno dopo, allora ci si rivolge al’ortopedico. A questo livello di solito si è a cavallo tra il primo e il secondo grado, quando c’è un rammollimento della cartilagine, una irregolarità della superficie cartilaginea, ma non c’è ancora una lesione osteocondrale, ovvero una lesione che arriva fino al sottostante piano osseo”.

- A questo livello possono bastare i condroprotettori?

“Di solito sì. E’ nelle forme di condropatia più avanzata, verso il secondo grado – quando si passa dal rammollimento della cartilagine ad un’alterazione della superficie – che sono necessarie le infiltrazioni. Va detto che non sono dolorose e non hanno controindicazioni. Con le infiltrazioni si ovvia alla diminuzione della produzione di liquido sinoviale che porta le articolazioni a lavorare male. In altre parole, le infiltrazioni sono come l’olio per il motore di un’auto: servono a far girare gli ingranaggi”.

- Si può fare qualcosa a livello di prevenzione?

“Fondamentale è un buon lavoro di forza muscolare: quadricipite e flessori vanno allenati per sostenere adeguatamente l’articolazione. A lungo termine questa è la misura terapeutica più utile, anche più delle infiltrazioni. Perché se ho una insufficienza muscolare gran parte del carico grava sul ginocchio”.

- Se la corsa può mettere a rischio le ginocchia, quali sport sono meno impattanti?

Nuoto, bici, camminata veloce, tennis sono attività che servono a rimpolpare il muscolo sofferente senza gli stress tipici della corsa. Ma questo non significa che la corsa vada vietata. Sicuramente è più impattante sulle articolazioni degli arti inferiori (in particolare anche, ginocchia e caviglie), quindi bisogna affrontarla con una adeguata preparazione muscolare per evitare che queste articolazioni sopportino troppo peso, con i danni conseguenti. Anche il controllo del peso è fondamentale: le articolazioni sono organi meccanici. Se si aumenta di peso, ginocchia e anche si consumano prima. Un ruolo lo svolge poi lo stretching: bisogna infatti mantenere una buona elasticità sia del tessuto muscolare sia delle articolazioni. Infine, una anamnesi familiare ci può dire se siamo naturalmente più soggetti al rischio”.

- Quando si arriva all’operazione?


“Solo nei casi limite, quando si ha una impotenza funzionale al carico e alla deambulazione, con problemi nella normale vita di relazione. A questo punto se il paziente è giovane si esegue un trapianto osteocondrale: nella zona di sofferenza della cartilagine si inserisce un sostituto dell’osso, un tessuto spugnoso sintetico che contiene all’interno delle cellule staminali che poi proliferano formando un rivestimento simil cartilagineo. Se il paziente ha più di 50 anni ci sono interventi di sostituzione protesica mini-invasivi. E dopo si può anche tornare a fare sport”.

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