giovedì 3 settembre 2020

LA MEDICINA NELLO SPORT...

...PARTE SECONDA

Il prolasso della valvola mitrale (segue dall'articolo fatto ieri). Frequentemente tale alterazione si ritrova nella stessa famiglia essendo,
spesso, un'anomalia geneticamente determinata.
In pratica il soggetto non corre nessun rischio, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. In genere il difetto della valvola è di minima entità e
viene rilevato casualmente durante un normale controllo medico o, più sovente, durante un esame ecocardiografico, magari richiesto dopo che il medico ha riscontrato un "soffio" cardiaco. Il soggetto portatore di un "piccolo prolasso della mitrale" senza significativo rigurgito o con rigurgito di lieve entità, svolge una vita assolutamente normale e senza sintomatologia alcuna, può praticare sport, anche a livello agonistico (purché si sottoponga a tutti i controlli richiesti dal medico, a seconda del tipo di attività praticata).
Anche perché, generalmente, il prolasso determina un più rapido raggiungimento
della Fc (frequenza cardiaca) max ( massimale) sotto sforzo a causa di una
maggior produzione di catecolamine, potenzialmente responsabili di aritmie
anche gravi. Generalmente nessun sintomo caratteristico.
Talora, specie nei soggetti giovani, si possono avere:
Palpitazioni (battito cardiaco irregolare), in genere dovute a stress
emozionali o stati d'ansia. Non occorre terapia, salvo casi selezionati, nei
quali emergono aritmie più importanti. In questi casi è lo specialista
cardiologo a definire quale è il farmaco migliore per quel tipo di aritmia
Tachicardia (battito cardiaco accelerato) associata spesso alla "sensazione
di cuore che batte", anch'essa spesso conseguente a stati emotivi o stress
mentali, ma che generalmente non comporta nessun danno al cuore, salvo i meno
frequenti casi di "tachicardia parossistica" che richiedono opportune cure
mediche
Dolore toracico, causa di forti apprensione per la possibile somiglianza al
dolore dell'angina pectoris (che invece è dovuta ad una malattia coronarica);
molto spesso tali sintomi hanno caratteristiche ben diverse dalla classica
angina e vengono definite dal medico "dolori toracici atipici"
Diversi studi di follow-up clinico hanno indicato come il PVM sia una
cardiopatia sostanzialmente benigna e consenta in ambito sportivo prestazioni
atletiche anche di elevato livello. Viene tuttavia segnalata anche la sua
possibile associazione con alcune complicanze. Per tal motivo la concessione
dell'idoneità sportiva a soggetti portatori di PVM viene subordinata alla
esecuzione di un preciso protocollo di studio.
Dal punto di vista emodinamico l'attività sportiva sembrerebbe non esplicare
una influenza negativa dal momento che non sono osservate significative
modificazioni delle dimensioni delle cavità cardiache sinistre nei diversi
controlli.
Tuttavia, è possibile che alterazioni di questo tipo siano espressioni più
tardive del deterioramento valvolare, mentre ai fini della idoneità sportiva, è
importante poter cogliere i primi segni di un possibile peggioramento. Allo
stesso tempo sarà opportuno accertarsi se soggetto affetto da tale anomalia sia
anche colpito da aritmie, stabilendo poi l'entità del prolasso (avvertibile
anche tramite "ascultazione" poiché caratterizzato da quello che è definito
"click mesostolico"). L'esame migliore per rilevare la presenza e la gravità di
un prolasso resta tuttavia l'ecocardiogramma associato al doppler cardiaco. Nel
caso si vogliano poi rilevare le aritmie determinando se le stesse sono di
natura spontanea o indotte da fattori esterni, si potrà fare ricorso
all'holter. Dal punto di vista anatomico il soggetto affetto da prolasso
tenderà ad avere dei ventricoli piccoli rispetto alle dimensioni delle valvole,
paradossalmente l'appianamento di tale discordanza tenderà a diminuire l'entità
del prolasso stesso.
Ciò è possibile tramite tutte le attività che determinano una dilatazione
progressiva del ventricolo (attività aerobiche). Al contempo sarà opportuno
evitare (o diminuire) le attività di potenza che, causando ipertrofia
ventricolare sx, riducono la cavità cardiaca aumentando la sproporzione con la
valvola.

Miocardiopatia ipertrofica e patologie specifiche da sport
L'incidenza della miocardiopatia ipertrofica nella morte improvvisa da sport
nel settore giovanile. Introduzione alle patologie specifiche da sport.
La miocardiopatia ipertrofica (MCI) è la causa più comune di morte improvvisa
giovanile (36%), è una malformazione cardiaca primitiva a carattere familiare
con espressione eterogenea e decorso clinico variabile, in relazione alle
diverse alterazioni nei geni. La MCI è rara: colpisce circa lo 0.2% della
popolazione generale, con una lieve prevalenza nel sesso maschile e nella
razza.
La diagnosi clinica di MCI è basata su caratteristiche morfologiche
caratterizzate da un ispessimento parietale spesso asimmetrico del ventricolo
sinistro, in presenza di diametrie normali ed in assenza di altre patologie
cardiache o sistemiche responsabili dell'ipertrofia (ipertensione arteriosa,
stenosi aortica, ecc.).
Altre caratteristiche non sono necessariamente presenti, dato che la forma non
ostruttiva è prevalente. L'ipertrofia miocardica è dunque principalmente
conseguente ad un incremento degli spessori parietali, in presenza di diametrie
normali. Tale caratteristica contribuisce alla distinzione tra patologia ed il
fisiologico adattamento all'esercizio fisico nel cuore d'atleta. Tuttavia in
alcuni atleti d'elite con ispessimento del setto interventricolare anteriore
(fino anche a 15 mm) può risultare difficile tale distinzione che ha ovviamente
implicazioni fondamentali nella gestione dell'atleta o del paziente. In
soggetti asintomatici, la diagnosi differenziale in tale "zona grigia" può
essere eseguita grazie a numerosi criteri ecocardiografici.
Dal punto di vista istologico, le fibre, oltre ad essere ipertrofiche, spesso
risultano scompaginate, cioè prive di organizzazione lineare, ma disposte a
vortice o in altre maniere al di fuori del comune. Un'ulteriore differenza fra
la forma patologica e il "cuore d'atleta" è data anche dalla distribuzione
omogenea dell'ipertrofia tipica della forma adattativa. Il cuore d'atleta
conserva poi la funzione diastolica (fase passiva), ma soprattutto in caso di
non allenamento per un periodo prolungato 3/6 mesi, si ripristinano le
originarie dimensioni, prevenendo i traumi.

Patologia specifica da sport
Ci sono delle patologie particolarmente frequenti soprattutto nei soggetti
sportivi: cardiopatia traumatica si tratta di traumi toracici chiusi, ovvero di
traumi sulla cassa toracica senza che quest'ultima presenti lesioni con
penetrazione di aria. Di questa patologia si possono distinguere due forme
fondamentali: la commotio cordis e la contusio cordis.
Si differenziano per l'entità del danno che il trauma genera sull'apparato
cardiovascolare. La commotio cordis è una forma di trauma cardiaco indiretto
senza lacerazioni. Ben più gravi per l'apparato cardiocircolatorio sono i casi
di contusio cordis (tipico degli sport automobilistici, motoristici o con
palla, cadute da cavallo, pugilato ecc.). In questo trauma, l'urto di una
superficie contro il torace provoca un' emorragia intratoracica non visibile
dall'esterno a scapito della parete miocardia senza la rottura di alcuna
struttura presente a livello cardiaco. In altri termini è l'equivalente della
commozione celebrale. Dal punto di vista clinico si manifesta con anomalie
elettrocardiografiche costituite da extrasistoli (battiti anticipati) seguiti
da una pausa compensatoria. Il soggetto avverte una sensazione di battito
mancante o battito accelerato.
Questo tipo di lesioni guariscono spontaneamente, e generalmente sono di
natura benigna, e non provocano la morte improvvisa. Nel caso della contusio
cordis abbiamo un trauma causante più forte o una predisposizione alla
lacerazione dovuta a differenti cause, tra cui la presenza di lacerazioni già
prima del trauma. La prossima settima termineremo con un altro pezzo questa branca importante, e da conoscere, per praticare dello sport in tranquillità.

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