lunedì 4 aprile 2022

MOMENTI DI GLORIA

“MEMENTO MORI”

a cura di Gloria Micacchi

Nell’antica Roma, quando un generale rientrava vittorioso in città dopo un incontro bellico, dalla folla riceveva lodi ed onori mentre qualcun altro alle sue spalle pronunciava la frase “Respice post te. Hominem te memento” (“Guarda dietro te. Ricordati che sei un uomo”). Quel “qualcun altro” aveva un compito molto importante: ricordare al generale di riflettere sulla caducità della vita e di non farsi prendere dalle manie di grandezza. Nel Seicento, l’ordine di clausura dei frati Trappisti (sì, i frati della birra: https://www.trappist.be/en/# ) fece di “Memento Mori” (letteralmente: “Ricordati che devi morire”) il proprio motto e per risultare ancora più convincenti, gli appartenenti a quest'ultimo, oltre a recitare tale massima e a tenerla ben presente nel pensare, la traducevano in azione, dedicandosi quotidianamente a scavare la propria tomba. Tenere a mente la propria morte e meditare su di essa aveva lo scopo di far emergere il significato della vita ed allo stesso tempo era un incitamento a vivere in pienezza, in modo virtuoso, alla costante ricerca e apprezzamento del bello e del buono.

Una delle affermazioni più note dei maestri buddisti tibetani è: “Ogni giorno passato senza la consapevolezza della morte è un giorno sprecato”.

Nel Buddismo esistono diverse tecniche di meditazione sulla morte, tra le quali la meditazione in 9 stadi (La Liberazione nel Palmo della Tua Mano, Kyabje Trijang Rimpoce, discepolo di Pabonka Rimpoce) che si può riassumere in tre punti chiarificatori ed essenziali:

1. La morte è certa (nessuno è mai sopravvissuto ad essa).
2. Il momento della morte è incerto (nessuno può sapere e dire con assoluta sicurezza quando sarà).
3. Niente al momento della morte potrà essere di aiuto per impedirne il compiersi fatta eccezione per il Dharma (concetto spirituale che insieme al Karma rappresenta una legge universale che governa la vita. Vivere il proprio Dharma significa agire secondo questa legge e quindi compiere tutte quelle azioni giuste che permettono all’universo di restare in ordine).

 

Se siete giunti a questo punto della lettura vi starete chiedendo per quale motivo abbia deciso di trattare questo argomento. La risposta è semplice: anch’io, come quel “qualcun altro” alle spalle del generale romano, voglio ricordarvi che l’unica cosa certa del vostro esserci ora è che ad un certo punto, inevitabilmente, puff, non ci sarete più! E voglio ricordarvi come facevano i frati Trappisti, che proprio per questa ragione, brindare alla vita (preferibile a scavare fosse), magari con una buona “Birra Tre Fontane” (birra trappista italiana) sia il miglior modo di procedere, almeno fin quando quel momento non arriverà.

Circa tre anni fa mi fu diagnosticato un tumore al seno. Arrivai dal medico sapendo perfettamente che qualcosa non andava. La mia professione da chinesiologa dall’approccio olistico aveva già da tempo affinato la mia capacità di riconoscere i segnali che preannunciano l’eventualità della manifestazione fisica di un malessere psichico e spirituale. Ed i segnali c’erano tutti, discretamente camuffati per mantenere una soddisfacente facciata, ma visibili al mio sguardo rivolto all’ interiore: ero triste ed arrabbiata, ero profondamente delusa e stanca, demotivata ed impaurita. Così, quando ebbi conferma del mio sentire, la mia reazione fu di calma controllata. Ebbi l’impressione che il medico fosse estremamente dispiaciuto ed empaticamente condivisi con lui questo stato. Si scusò addirittura con me per avermi accolto in un luogo poco confortevole e per non avere il tempo adeguato da dedicarmi, sommerso com’era dagli appuntamenti e dalle scartoffie da riempire. Pensai che in quelle condizioni, dovesse essere assai difficile poter occuparsi della cura dei numerosi pazienti e assai improbabile farlo nel migliore dei modi. Il luogo e l’uso del tempo non erano appropriati a me e a chiunque altro nella mia situazione tanto quanto a chi avrebbe dovuto occuparsi di noi (curiosità:  https://www.lindipendente.online/2021/10/14/la-pandemia-cambia-tutto-tranne-il-liberismo-draghi-taglia-6-miliardi-alla-sanita/). Ne riconobbi ed apprezzai l’impegno e per certi versi il coraggio… Sorrisi, lo guardai negli occhi e gli dissi: “Stia tranquillo, non mi aspettavo nulla di diverso, lei faccia il suo che io farò il mio”.

All’epoca dei fatti, mia figlia aveva meno di tre anni (che compì il giorno in cui fui operata). Non ho mai avuto paura di morire, ma il pensare di lasciare mia figlia a vivere quella realtà nella quale ero immersa, dalla quale mi ero lasciata avvolgere per dovere e senza volontà, mi fece provare attimi di vero terrore.  Rientrai a casa. Dopo un tenero bacio alla piccola, entrai in camera, mi distesi sul letto e lasciai che quel terrore mi pervadesse e poi, in modo spontaneo e delicato, ma allo stesso tempo incisivo e chiaro, si fece avanti nella mia mente, emergendo dal mio cuore, la grande opportunità che questa vita mi stava nuovamente dando. Si, nuovamente. Nel 2009 (non che prima non ci fossero stati altri momenti che smossero profonde riflessioni, ma questo fu particolarmente impattante), il mio corpo tremò con la terra nella città di L’Aquila: perdita di controllo fisico totale, abbandono al lasciare accadere… Ne seguirono: comprensione dei propri limiti, revisione scala di valori, ridimensionamento in quanto essere umano soggetto alle leggi della natura e dell’universo (Avete presente quell’atteggiamento presuntuoso tipico dell’uomo degli ultimi tempi? Quello che lo porta a credere di poter far meglio del Creatore (o come lo si preferisce chiamare)? Quello che lo spinge a credere nientedimeno che azioni autolesioniste e alteranti lo stato naturale delle cose e di se stesso gli possano garantire un’esistenza più longeva? Lo avete presente? Bene. Annientato, soppresso, annullato, eliminato, defunto.). Ecco, mi ritrovavo ad aver smarrito gli insegnamenti di quell’esperienza e cosa ancora più grave, quelli delle successive esperienze agite con la suddetta compenetrata in me. Avevo l’occasione di rimettermi sulla retta via e, seppur  in modo movimentato, con alti e bassi, non me la sono e non me la sto lasciando scappare.

Ogni giorno so che può essere l’ultimo ed è proprio per questo che cerco di viverlo impegnandomi con dedizione e disciplina alla mia crescita interiore e alla cura di me.

Non fuggo dalla morte, gli vado incontro con un passo a cui sto dando il ritmo che sia il più comodo per me e mi applico per giungervi come la persona migliore che sia mai potuta diventare nel tempo che ho avuto a disposizione in questa vita.

Vi invito a fare lo stesso. Vi invito a mettere in atto l’azione più altruistica che potreste fare per il mondo intero, l’unica realmente fattibile, l’unica che possa portare luce ove c’è oscurità, l’unica che abbia effetti sicuri prima su di voi, subito dopo su chi vi è vicino e poi propagandosi  raggiungere confini lontani: siate egoisti, dedicatevi ad un sano egoismo. Pensate al vostro bene, impegnatevi ad essere migliori. Prestate attenzione a ciò che fate entrare in voi: come dice il mio medico curante (colui che poi ho scelto per accompagnarmi nel mio percorso di guarigione): “Alimentati con attenzione, respira bene aria buona ovunque tu la possa trovare e soprattutto nutri la tua mente di buone impressioni!”. Dedicatevi alla bellezza ed abbandonate il senso di colpa che potrebbe presentarsi per questo. Sempre, in ogni situazione di pericolo, prima si mette in sicurezza se stessi e solo dopo si presta aiuto e soccorso al prossimo. State lontani da questo continuo proliferare di negatività ove anche le informazioni che potremmo considerare vantaggiose per il nostro punto di vista, spesso non fanno altro che alimentare scontri e stati d’animo legati ad inquietudine e paura. Siate selettivi, è ragionevole conoscere, ma prestate attenzione a non diffondere malumori giocando a favore di quel che identificate come deleterio. Siamo così distanti dal nostro sentire intimo e privato, che troppo spesso non riconosciamo la verità (in latino veritas, in greco ἀλήθεια), la quale non ha bisogno di essere svelata perché, per sua stessa natura, è sempre manifesta e troppo spesso, manchiamo di una sana capacità di giudizio, non sapendo discernere il bene dal male, arrivando persino a sostenere che azioni violente possano condurre alla pace. Lontani da chi siamo, lontani dalla nostra realizzazione, ci ritroviamo incapaci di agire come esseri umani. Cominciamo con il ritrovare e riconoscere noi stessi. Se non l’unica strada, è di sicuro una delle strade che conducono a luoghi migliori. 

Dedicatevi alla Vita! Godetene, onoratela e siatene grati. 

Come il personaggio che interpretava Massimo Troisi (San Giorgio a Cremano19 febbraio 1953 - Roma4 giugno 1994, soprannominato “il comico dei sentimenti”) nel suo film “Non ci resta che piangere” del 1984 a chi gli disse: “Ricordati che devi morire”, rispose “Aspè che me lo segno, proprio…”, bene, anche voi segnatevelo! Proprio!

 

Per approfondire e per un buon lavoro su di voi, consiglio:

https://www.youtube.com/c/LibreriaCavourPerugia

https://www.youtube.com/c/LUIGITOTARO/featured

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