martedì 6 dicembre 2022

PIZZUTO PREPARATORE ATLETICO CALABRESE IN MLS

ECCO COME CI SI ALLENA NEGLI STATES 

di Michele Antonelli (fonte Gazzetta dello sport)

Ogni tanto ripensa a casa sua. Al litorale tirrenico e a quei paesaggi da cartolina che oggi lo accompagnano oltreoceano, con un po’ di nostalgia. Federico Pizzuto, classe ’86, è partito da Campora San Giovanni, una frazione del comune di Amantea, in provincia di Cosenza. Oggi è il preparatore atletico del Columbus Crew, franchigia di Mls, e ha raccontato com’è che si costruisce calcio negli States.

Intanto, il suo percorso. Si è formato in Italia. "Ho vissuto in Calabria fino a vent’anni. Poi mi sono trasferito a Roma per studiare e realizzare il mio obiettivo, diventare un preparatore atletico. Mi sono laureato in Scienze motorie al Foro Italico". Dove, paradosso, si è allontanato dal calcio.

"Il percorso è stato particolare e fatto di alti e bassi, soprattutto all’inizio. Arrivato a Roma, avevo iniziato a ragionare sul mio futuro. Lavorare ad alti livelli nel calcio italiano mi sembrava troppo complicato. Così mi sono avvicinato all’atletica leggera, un altro mondo affascinante e che per due-tre anni ho conosciuto da vicino".

In quel momento, è arrivata l’occasione che le ha cambiato la vita. Ce la racconta?

"Nel 2012 ho avuto l’opportunità di trasferirmi in Portogallo, a Oporto, grazie all’Erasmus. Ho iniziato a lavorare con i migliori professionisti del fondo e del mezzofondo, capendo come rapportarmi con atleti di caratura olimpica. È stata un’esperienza fantastica, ma a un certo punto sono tornato al pallone, il mio primo amore. Mi ha chiamato il Porto, cercava professionisti per il settore giovanile. Dopo aver esposto le mie idee, sono stato scelto tra oltre cinquanta ragazzi".

Che esperienza è stata?

"Mi sono trovato bene, ho vissuto in Portogallo per otto anni e ho approfondito diverse metodologie, lavorando con il club per cinque stagioni. Fin da bambino, il mio sogno era però quello di trasferirmi negli Stati Uniti". Ci è riuscito nel 2018, approdando al Columbus Crew.

"Ho sempre seguito con attenzione le opportunità di lavoro dall’estero. In America, per i club è prassi pubblicare le offerte in maniera ufficiale, in apposite sezioni sui siti. È la Mls a imporlo. Cercavano un preparatore atletico, ho inviato la candidatura e ho superato sei colloqui, tra presidente, dirigenti e allenatore. Al tempo, l’head coach era Gregg Berhalter, oggi ct della nazionale americana. Pensare che sia appena stato protagonista ai Mondiali mette i brividi".

Come si svolge il lavoro sul campo per una squadra di Mls?

"Il campionato americano è molto fisico, i giocatori hanno una condizione atletica impressionante e sono in media più preparati rispetto ai calciatori europei, per compensare lacune tecniche e tattiche spesso evidenti. Tutto dipende comunque dalla filosofia della squadra, è l’allenatore ad adattarsi ad alcuni concetti".

Che campionato è dal punto di vista atletico?

"L'atleta americano è costruito per la fatica. Fin da bambini, si praticano sport duri come basket, football americano, hockey sul ghiaccio. È diverso il modello culturale, primeggiando nell’attività fisica i ragazzi riescono a studiare e a formarsi, vincendo borse di studio all’università. Negli ultimi anni si sta migliorando anche sul versante tecnico". E a Columbus?

"Si fa tutto con la palla, in funzione del gioco. Cerchiamo di stimolare la parte fisica in questo modo, anche se la corsa resta una base importante. I giocatori più scarsi del campionato americano corrono comunque più della maggior parte dei giocatori europei. Spesso lo fanno male, lo step successivo per la Mls sarà ottimizzare gli sforzi fisici per una resa tecnica migliore".

Quanto pesa il lavoro in palestra nel soccer? "Molto, in generale c’è grande propensione verso il lavoro fisico. Il problema è che a volte, per gli stranieri che arrivano, serve un periodo d’adattamento. Io preferisco lavorare con il pallone, ma so che alcuni ragazzi hanno bisogno di correre. È una questione mentale, devono sentire la fatica per sapere che si sono allenati bene. A volte serve andare incontro alle loro esigenze".

Come viene impostato il lavoro sapendo che oltre alla regular season la stagione può continuare?

"Una stagione in Mls è molto strana rispetto all’Europa. Qui si inizia a giocare a fine febbraio-inizio marzo e si finisce a novembre inoltrato se ci sono i playoff, con diversi mesi di off-season, che a volte possono diventare un problema. A volte ci troviamo a lavorare con giocatori che anche per due mesi non hanno fatto nulla, mentre nel calcio europeo lo stop dura tre settimane. 

In pre-season il lavoro è molto duro, durante il campionato diventa di mantenimento. 

Poi, durante le pause, si impostano dei richiami per la parte finale della stagione. Accade per esempio a settembre, quando ci si ferma per gli impegni internazionali. È lì che si spinge per mettere benzina nelle gambe".

Come ci si allena in quella fase?

"È tutto diverso, la stagione si trasforma in un Mondiale. Si preparano sfide da dentro o fuori e io mi faccio da parte, lascio lavorare il mister soprattutto su tecnica e tattica. Il mio aiuto serve solo a conservare quanto creato in precedenza".   Come viene impostata una settimana tipo?

"In situazioni ottimali, di solito giochiamo il sabato e si inizia a lavorare per la partita già dalla domenica. Dopo il match, dividiamo i giocatori in gruppi. Chi ha giocato di più recupera, con chi non è sceso in campo cerchiamo di mettere minuti nelle gambe. Il lunedì si riposa, mentre il martedì si introduce quello che sarà il lavoro settimanale, con attivazione fisica e mentale per il giorno successivo e un po’ di palestra. Il mercoledì è il giorno più duro, anche a livello di testa".

Perché?

"Si parte con l’analisi della partita precedente, per poi presentare il lavoro della settimana. Si devono immagazzinare molte informazioni e la parte tattica sale al primo posto, senza dimenticare gli esercizi in palestra. Il giovedì è il giorno meno impegnativo, con focus tattici più specifici, mentre il venerdì si passa all’attivazione neuromuscolare. Si fanno lavori semplici e più divertenti, come giochi di competizione. I calciatori devono essere pronti e non stressati per la partita".

Insomma, com’è costruire calcio negli States?

"C’è un alto livello di attenzione da parte delle società, ma si lavora bene. I progetti sono a lungo termine e permettono di sviluppare le idee giuste per crescere".


 

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