di Roberto De Filippis (fonte Gazzetta dello Sport)
Con claustrofobia si intende la fobia, ossia la paura, dei luoghi chiusi. Infatti, il termine latino “claustrum” ha tra i suoi numerosi significati anche quello di luogo chiuso e di difficile accesso. Questo disturbo è dunque contraddistinto da un timore irrazionale di ambienti con tali caratteristiche. È proprio questa paura a portare a evitare i posti e le situazioni che sono causa di una sensazione di oppressione e di mancanza di libertà di movimento.
LE CAUSE DELLA CLAUSTROFOBIA—Se si considera la popolazione mondiale, l’incidenza della claustrofobia è superiore al 5%. Per fortuna, tre casi su quattro non sono gravi e solamente per una scarsa percentuale di individui è necessario ricorrere a un trattamento. A soffrirne sono soprattutto le donne, mentre il disturbo esordisce tipicamente intorno ai 14 anni. I luoghi più comunemente temuti dalle persone che soffrono di claustrofobia sono gli ascensori, le scale strette, i ponti, le gallerie, la metropolitana, gli aerei. In generale, quindi, a far paura sono gli spazi angusti. “Attualmente sono due le ipotesi più accreditate in merito all’origine di questo disturbo. Secondo la prima tutto nasce da un possibile malfunzionamento dell’amigdala, una struttura del cervello in grado di influenzare la percezione del pericolo. In base alla seconda ipotesi, la claustrofobia sarebbe provocata da una disfunzione relativa alla percezione dello spazio correlata a un meccanismo di difesa evolutivo legato al pericolo di essere messo all’angolo senza via di scampo” spiega la dottoressa Linda Boscaro, psicologa specializzanda in Psicologia Clinica e docente a contratto all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Così come altre fobie, anche questo disturbo può essere radicato in traumi vissuti nel corso dell’infanzia o dell’adolescenza.
CLAUSTROFOBIA E ANSIA— È quando chi ne soffre si ritrova nelle situazioni e nei luoghi temuti che si manifestano i sintomi caratteristici della claustrofobia. Quelli più comuni sono la sudorazione, il tremore, un senso di oppressione all’altezza del torace, brividi, difficoltà di respirazione o accelerazione della frequenza respiratoria, vertigini e giramenti di testa. A questi cambiamenti fisici si associa una sensazione di perdita di controllo, che a sua volta scatena un’ansia incontenibile. Nei casi più seri, si può essere vittima persino di un attacco di panico. “È per via di questi sintomi che, dopo la prima volta che si manifestano, la maggior parte delle persone che soffre di claustrofobia tende a evitare le situazioni che provocano tale disturbo” sottolinea la dottoressa Boscaro. Di frequente, questa fobia si presenta in associazione con altri tipi di disturbi d’ansia, come il disturbo d’ansia generalizzato, la fobia sociale e il disturbo di panico. Inoltre, molte ricerche scientifiche hanno messo in evidenza un collegamento della claustrofobia con gli indicatori dello stress.
L'ANSIA ANTICIPATORIA— Per curare la claustrofobia è d’aiuto la terapia cognitivo-comportamentale, che è efficace anche nei confronti dei sintomi dell’ansia anticipatoria, in cui la sensazione di disagio dipende dal timore di ciò che potrebbe accadere in una certa situazione. “Attraverso lo sviluppo di abilità ad hoc e tecniche di esposizione è possibile indebolire l’associazione specifica con gli stimoli fobici e gestire nel modo più funzionale possibile i sintomi. Inoltre, i metodi cognitivi si prefiggono l’obiettivo di individuare e ristrutturare schemi cognitivi distorti e luoghi comuni associati alla situazione che provoca paura nel soggetto” afferma la dottoressa Boscaro. Quando si è preda di un attacco di claustrofobia, per ridurre la portata dei sintomi sono utili tecniche di rilassamento che favoriscono un miglior controllo della respirazione o inducono a immaginare un luogo tranquillo e familiare. Infine, in ottica preventiva può essere utile la meditazione, in quanto attenua i sintomi dello stress.