giovedì 23 aprile 2020

CALABRESE DOC



Perrotta: “la Reggina mi ha fatto diventare uomo”. Il ricordo di Reggio e della vittoria nel Mondiale 2006


Simone Perrotta è cresciuto nelle giovanili della Reggina: il Campione del Mondo ha ricordato la sua esperienza in riva allo Stretto



“La Reggina mi ha fatto diventare uomo. L’esperienza a Reggio è stata determinante per la mia carriera”, ha esordito così Simone Perrotta ai microfoni della Tv ufficiale amaranto. Ed è un onore per la società amaranto, che ha visto un calciatore partito dai campetti del Sant’Agata arrivare sino ad una finale di Coppa del Mondo. Di seguito il suo racconto: “ricordo con grandissimo piacere e sentimento quegli anni, anche se sono stati difficili. Io ho avuto la possibilità di realizzarlo un sogno, grazie a determinate cose che sono girate bene. Non basta avere talento, ma occorrono anche dinamiche favorevoli. Tutte queste situazioni le ho avute e sono stato bravo sfruttarle. Non ho avuto la fortuna di giocare con la maglia amaranto al Granillo, ma soltanto da avversario, e so cosa vuol dire giocare in quello stadio. Nell’impianto precedente la Reggina era comunque molto seguita, ma credo che l’impostazione attuale, con le tribune a ridosso del campo, abbia maggior peso”.

Sant’Agata – “Quand’ero a Reggio il centro sportivo aveva solo tre campi. Il primo era in terra battuta, ci allenavamo noi giovani. Il secondo era quello utlizzato da Allievi e Primavera.  L’ultimo era quello della prima squadra. Sognavo di scalare le categorie anno dopo anno, così è stato. Vivevamo in una foresteria che non era quella di ora, ma in una serie di abitazioni al Viale Quinto. Ho visto che il centro sportivo è cambiato, sono felice che i ragazzi possano avere la possibilità di stare in un posto confortevole.  Quelle sono le basi per creare una società forte”.

Mondiale 2006 – “La notte di Berlino del 2006 ha segnato la storia del calcio italiano. All’inizio non ho pensato al passato, poi quando Cannavaro ha alzato la Coppa la mente è andata a ritroso: ho pensato a mio figlio, a mia moglie e alla mia famiglia. Una volta tornato in albergo ho ripensato a quanto Reggio è stata determinante per arrivare lì. Penso al presidente Foti, al ds Martino, agli allenatori Orlandi, Scopelliti e Loiacono. In campo va il talento, ma anche il mio essere persona dipeso da tutte queste persone”.

Roma – “Non è facile giocare in una piazza come quella capitolina. Sono arrivato alla Roma a 27 anni, ho smesso che ne avevo 35, ho imparato a capirla col tempo. E’ una città senza mezze misure dove una settimana puoi vincere lo Scudetto, mentre quella successivi rischi di non andare nemmeno in Champions League. E l’umore della gente lo vivi ogni giorno e in ogni luogo, andando a fare la spesa ancora tutti si ricordano di te”.

Rocco Fabio Musolino

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