Perrotta: “la Reggina mi ha fatto
diventare uomo”. Il ricordo di Reggio e della vittoria nel Mondiale 2006
Simone Perrotta è cresciuto nelle giovanili della Reggina:
il Campione del Mondo ha ricordato la sua esperienza in riva allo Stretto
“La Reggina mi ha fatto diventare uomo. L’esperienza a
Reggio è stata determinante per la mia carriera”, ha esordito così Simone
Perrotta ai microfoni della Tv ufficiale amaranto. Ed è un onore per la società
amaranto, che ha visto un calciatore partito dai campetti del Sant’Agata
arrivare sino ad una finale di Coppa del Mondo. Di seguito il suo racconto:
“ricordo con grandissimo piacere e sentimento quegli anni, anche se sono stati
difficili. Io ho avuto la possibilità di realizzarlo un sogno, grazie a
determinate cose che sono girate bene. Non basta avere talento, ma occorrono
anche dinamiche favorevoli. Tutte queste situazioni le ho avute e sono stato
bravo sfruttarle. Non ho avuto la fortuna di giocare con la maglia amaranto al
Granillo, ma soltanto da avversario, e so cosa vuol dire giocare in quello
stadio. Nell’impianto precedente la Reggina era comunque molto seguita, ma
credo che l’impostazione attuale, con le tribune a ridosso del campo, abbia
maggior peso”.
Sant’Agata – “Quand’ero a Reggio il centro sportivo aveva
solo tre campi. Il primo era in terra battuta, ci allenavamo noi giovani. Il
secondo era quello utlizzato da Allievi e Primavera. L’ultimo era quello della prima squadra.
Sognavo di scalare le categorie anno dopo anno, così è stato. Vivevamo in una
foresteria che non era quella di ora, ma in una serie di abitazioni al Viale
Quinto. Ho visto che il centro sportivo è cambiato, sono felice che i ragazzi
possano avere la possibilità di stare in un posto confortevole. Quelle sono le basi per creare una società
forte”.
Mondiale 2006 – “La notte di Berlino del 2006 ha segnato la
storia del calcio italiano. All’inizio non ho pensato al passato, poi quando
Cannavaro ha alzato la Coppa la mente è andata a ritroso: ho pensato a mio
figlio, a mia moglie e alla mia famiglia. Una volta tornato in albergo ho
ripensato a quanto Reggio è stata determinante per arrivare lì. Penso al
presidente Foti, al ds Martino, agli allenatori Orlandi, Scopelliti e Loiacono.
In campo va il talento, ma anche il mio essere persona dipeso da tutte queste
persone”.
Roma – “Non è facile giocare in una piazza come quella
capitolina. Sono arrivato alla Roma a 27 anni, ho smesso che ne avevo 35, ho
imparato a capirla col tempo. E’ una città senza mezze misure dove una
settimana puoi vincere lo Scudetto, mentre quella successivi rischi di non
andare nemmeno in Champions League. E l’umore della gente lo vivi ogni giorno e
in ogni luogo, andando a fare la spesa ancora tutti si ricordano di te”.
Rocco Fabio Musolino