(fonte Gazzetta dello Sport)
Esattamente come l'alternarsi di numerosi eventi compiutisi tra le sue uniche curve, la storia stessa del circuito di Imola è stata un insieme di alti e bassi: è stato molte volte modificato e nonostante la presenza fissa, con varie denominazioni, tra il 1979 e il 2006, la Formula 1 l’aveva escluso a lungo. Il ritorno, a sorpresa, solo nel 2020 “grazie” alla pandemia di Covid19 che ha obbligato Liberty Media a rivedere tutto il calendario di quella stagione motoristica. La storia del circuito di Imola ha inizio nell’immediato dopoguerra grazie alle iniziative di un gruppo di appassionati capitanati da Checco Costa (padre del mitico Dottor Costa della Clinica Mobile) e soprattutto con la la spinta politica di Enzo Ferrari. È un circuito che gira in senso antiorario, con moltissime curve e diversi saliscendi spettacolari che regalano un grande piacere di guida, ma anche un colpo d’occhio straordinario per chi assiste alla gara dal vivo, con il pubblico che nelle migliori occasioni ricopre interamente le colline.
IL DEBUTTO— La Formula 1 ci arriva per la prima volta nel 1963 con un evento non valevole per il campionato. Vinse nientemeno che Jim Clark su Lotus-Climax con la Ferrari misteriosamente assente. Nel 1979 è ancora l’occasione per una gara extra campionato, con l’inedito e spettacolare duello ricco di significati tra la Brabham Alfa Romeo di Niki Lauda (che vinse) e la Ferrari di Gilles Villeneuve. Nel 1980, con Monza assente, fu finalmente il momento di una gara mondiale sotto la prestigiosa denominazione del Gran Premio d’Italia, e dall’81 ecco l’inizio del lungo sodalizio con la Repubblica di San Marino che rimarrà fino al 2006. Poi la grande ristrutturazione sotto la guida di Hermann Tilke successiva a quella comunque invasiva del '94 che stravolse molti tratti del circuito. Infine il ritorno della F1 nel 2020 come “Gran Premio dell’Emilia Romagna” fino al momento difficile dell’alluvione avvenuta nel 2023, per colpa della quale il GP dell'anno scorso è stato annullato.
PARTENZA, TAMBURELLO E VILLENEUVE— Iniziamo il giro nella leggenda di Imola dalla griglia di partenza, quella griglia che vide l’esordio in F1 di Michele Alboreto a bordo della Tyrrell nel 1981 ma anche quello della scuderia Minardi nel 1985 che qui a Imola era praticamente di casa, tenendo conto che la sua sede di Faenza, oggi di Visa Cash App RB, dista pochi km dall’autodromo. Quella griglia ha ospitato la splendida pole-position di Michael Schumacher nel suo primo anno in rosso, il 1996, ma anche la prima partecipazione di Ayrton Senna, nell’84, quando per problemi tecnici alla sua Toleman non riuscì a qualificarsi per la gara. Fu l’unica mancata qualificazione nella carriera del pilota brasiliano, che almeno per quanto riguarda le qualifiche seppe rifarsi magnificamente tra il 1985 e il 1994 cogliendo ben 8 pole position. Purtroppo, come sappiamo, Senna si legherà per sempre a Imola anche per motivi ben più tristi. Sulla griglia e sulla pit lane in quella domenica del 94, dal cielo soleggiato e luminoso, così in contrasto con le ombre di quel terribile weekend, si vissero momenti di grande paura con il tamponamento al via di Pedro Lamy e JJ Letho e con l’incidente ai box di Alboreto sulla Minardi che perse una ruota nelle fasi successive al pit stop. Entrambi gli incidenti causarono diversi feriti anche sulle tribune. Dopo il breve rettifilo della partenza il circuito inizia a piegare a sinistra portando al tristemente noto Tamburello, il curvone veloce oggi trasformato in variante che nella sua versione pre 95, a dispetto della reputazione, su asciutto e in condizioni normali non era una curva particolarmente impegnativa ma un problema alla vettura, la velocità di oltre 300 all’ora e il muro lì a pochi metri non erano certamente parametri rassicuranti.
GLI ALTRI INCIDENTI— Oltre al triste evento che ci portò via Ayrton Senna per sempre, quel muro ha visto molti altri incidenti fortunatamente meno gravi, come quello di Piquet nell’87 o come quello di Berger nell’89 in cui la sua Ferrari prese fuoco dopo l’impatto. Nel 1991 fu Michele Alboreto sulla Footwork a picchiare violentemente durante le prove, ma fortunatamente ne uscì illeso anche se zoppicante e ferito. Il nuovo Tamburello, oggi spezzato in una variante, ha per fortuna una storia molto più ordinaria, ma è comunque tornato protagonista nel 2021, quando sotto l’acqua, in gara, Lewis Hamilton in bagarre con Max Verstappen capì che quello sarebbe stato un anno diverso dai precedenti. Nel tratto dritto dopo il Tamburello bisogna ricordare il famoso 360 di Nigel Mansell con la Ferrari nel 1990. Dopo aver preso la scia a Prost fin dal traguardo e averlo seguito in pieno per tutto il Tamburello tentò di affiancare il francese all’esterno ma con la sua solita grinta strabordante mise due ruote nell’erba e andò in testacoda ritrovandosi fortunatamente con le ruote già nella direzione giusta senza toccare le protezioni.
CURVA EMOZIONANTE— A questo punto siamo in uno dei tratti più emozionanti: la curva Villeneuve con la successiva impegnativa staccata della Tosa. Fino al 1994 i piloti arrivavano qui a oltre 300 km/h con il piede destro tutto giù fin dal traguardo. Anche questa era una curva dalle caratteristiche letali ancora e soprattutto in presenza di un cedimento meccanico, se ne accorse proprio Gilles Villeneuve che nel 1980 uscì miracolosamente indenne da un brutto incidente provocato dallo scoppio di uno pneumatico. Ce ne accorgemmo ben più amaramente alle qualifiche di quel terribile 1994 quando il pilota austriaco Roland Ratzenberger, in seguito alla rottura di un’ala, perse il controllo della sua Simtek impattando violentemente contro il muro e rimettendoci la vita. Per questo, dal 1995 anche questa venne trasformata in una variante.
DALLA TOSA ALLA RIVAZZA— La Tosa è il nome del veloce tornante che gira verso sinistra e dove nel 1989 esplose definitivamente la guerra sportiva tra Senna e Prost con il brasiliano che non rispettò gli accordi di scuderia e sorpassò il francese. Curiosamente non fu l’unico caso di questo tipo perché sempre qui si consumò il “tradimento” di Pironi ai danni di Villeneuve con il sorpasso all’ultimo giro dell’infuocata edizione 82, nell’ultima gara del pilota canadese prima della sua morte avvenuta due settimane dopo a Zolder. In uscita dalla Tosa bisogna ricordare la bagarre tra Micheal Schumacher e Juan Pablo Montoya nel 2004. Montoya, sulla Williams-BMW aggredì il ferrarista con una spettacolare manovra all’esterno ma il tedesco, con la sua proverbiale cattiveria, lo “accompagnò” nell’erba, trattamento che più o meno volontariamente Montoya riservò a Ralf Schumacher quando quest’ultimo cercò a sua volta di sopravanzarlo. In uscita dalla Tosa l’asfalto comincia a salire fino allo scollinamento in prossimità della staccata della Piratella, inizia qui il tratto di pista più impegnativo e selettivo dove i piloti veloci hanno sempre fatto la differenza. Si continua giù a sinistra in piena accelerazione verso uno dei tratti più spettacolari della pista: le due Acque Minerali. Queste due splendide curve, più volte modificate negli anni, oggi piegano in compressione verso destra prima di ritornare a salire lungo il successivo tratto rettilineo fino alla Variante Alta. All’uscita delle Acque Minerali si consumò la delusione di Riccardo Patrese quando all’ultimo giro dell’edizione 83, a bordo della splendida Brabham BT52, uscì di pista lasciando la vittoria a Tambay su Ferrari. Viene ricordato come un fatto non molto edificante per via dell’atteggiamento dei tifosi che in quell’occasione schernirono il pilota italiano con fischi. Alla Variante Alta, oggi dedicata a Fausto Gresini, il nastro d’asfalto scollina nuovamente per tuffarsi in discesa, velocissimo, verso le curve della Rivazza la cui prima staccata è da considerarsi per pubblico e piloti un altro punto speciale. Famoso qui fu il ritiro di Prost con la Ferrari nel giro di ricognizione della bagnatissima edizione 1991.
FINO AL PODIO— In uscita dalla seconda Rivazza oggi si accelera presto per lanciarsi sul rettilineo principale anticipato da una leggera curva verso destra che tuttavia si percorre come se non esistesse. Anche se ha mantenuto la denominazione Variante Bassa, oggi percorribile in pieno dalle auto, è un tratto molto cambiato negli anni. Fino al 1994 c’erano due varianti, di cui la prima velocissima, ricordata per il brutto incidente in prova di Rubens Barrichello con la Jordan, il primo in ordine di tempo in quella tragica edizione di 30 anni fa, la seconda, più lenta e in prossimità dell’ingresso in pit lane, introduceva le monoposto sul traguardo. La linea di arrivo ha visto gli incredibili 7 trionfi di Micheal Schumacher tra cui quelli tristissimi senza festeggiamenti del 94 (per le morti di Senna e Ratzenberger) e del 2003, quest’ultimo per la scomparsa di sua madre avvenuta la notte precedente la gara. La linea del traguardo ha visto inoltre la grande delusione di Gilles Villeneuve salito sul podio arrabbiato e controvoglia nella già citata edizione '82 ma anche, come detto, vide la bella vittoria di Tambay ai danni di Patrese nel 1983 in un autodromo in delirio, esattamente un anno dopo la morte di Gilles. Patrese ebbe pazientemente la rivincita nel 1990 quando vinse una gara splendida a bordo della Williams. Tanti tifosi ricorderanno invece Fernando Alonso sulla Renault nel 2005 la cui vittoria fu accompagnata dalla strepitosa ma inutile rimonta di Schumacher partito tredicesimo e giunto secondo al traguardo a soli 2 decimi dallo spagnolo. Quello di Imola è un grande autodromo, un patrimonio del motorsport, capace di resistere ai cambiamenti, saldamente nei cuori di piloti e tifosi. Profondamente differente da tante luccicanti cattedrali nel deserto, belle, perfette ma senza la stessa anima.