sabato 25 ottobre 2025

COME AFFRONTARE LE 5 FERITE CHE INFLUENZANO IL COMPORTAMENTO

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(fonte Gazzetta dello Sport)

Fu la psicoterapeuta canadese Lise Bourbeau a sistematizzare per la prima volta le cosiddette “ferite dell’anima”. Secondo l’esperta, rifiuto, abbandono, ingiustizia, umiliazione e tradimento generano diversi meccanismi di difesa. Nel suo libro, Le cinque ferite e come guarirle, parla di radici profonde dei comportamenti umani che spesso si ripetono in modo automatico. Secondo Bourbeau, ogni individuo ne sviluppa, fin dall’infanzia, una o più all’interno del rapporto con i genitori e, poi in adolescenza con i primi rapporti sociali, condizionando successivamente il modo in cui percepisce se stesso, gli altri e la vita. Queste ferite arrivano a influenzare le scelte, le relazioni e persino la postura del corpo. Riconoscerle è il primo passo per guarirle e tornare a vivere in modo autentico. La ferita del rifiuto nasce quando, da bambini, ci sentiamo non desiderati o respinti, magari da un genitore emotivamente distante o incapace di accogliere pienamente chi siamo. L’individuo che porta questa ferita tende a sviluppare un forte senso di indegnità e la paura di essere escluso. Spesso adotta il comportamento del “fuggitivo”: si isola per non rischiare di essere ferito ancora. Questa ferita genera insicurezza profonda e difficoltà a mostrarsi per ciò che si è, come se non si meritasse amore o attenzione.

Deriva da esperienze di mancanza affettiva o dalla sensazione di non essere sostenuti. Chi vive questa ferita teme di essere lasciato solo e, per difendersi, tende a diventare dipendente dagli altri, cercando costantemente conferme. È la ferita che genera il “dipendente affettivo”, colui che si aggrappa alle relazioni anche quando non sono sane. L’emozione dominante è la paura della solitudine, che porta a sacrificare se stessi pur di non rivivere la sensazione del vuoto.

 Nasce in un ambiente dove il bambino si sente valutato solo per ciò che fa, non per ciò che è. Spesso si sviluppa in famiglie molto rigide o perfezioniste. Chi porta questa ferita impara presto a reprimere le emozioni e a controllare tutto, per non essere mai colto in fallo. Il risultato è una persona apparentemente forte e precisa, ma internamente piena di tensione e rigidità. Il bisogno di giustizia lo porta a essere inflessibile, con sé stesso e con gli altri, fino a soffocare la spontaneità.

Questa ferita affonda le radici in situazioni in cui il bambino si è sentito deriso, sminuito o colpevolizzato. L’individuo che la porta dentro tende a sviluppare un profondo senso di vergogna e di inadeguatezza. Per non rivivere quella sensazione, si mette al servizio degli altri, dimenticando i propri bisogni. È la ferita del “masochista”, che si carica di responsabilità e cerca di guadagnarsi l’amore attraverso il sacrificio. Dietro l’apparente altruismo, c’è il bisogno di essere visto e riconosciuto.

Si origina quando una figura di riferimento non rispetta la fiducia o le promesse fatte. Il bambino, sentendosi ingannato, cresce con la paura di perdere il controllo e di essere deluso. Da adulto tende a sviluppare un comportamento dominante o possessivo, nel tentativo di prevenire nuovi tradimenti. È una ferita che genera diffidenza, bisogno di controllo e difficoltà a lasciarsi andare. Dietro la rabbia e la gelosia si nasconde una profonda paura della vulnerabilità.

Ognuna di queste ferite è un meccanismo di difesa nato per sopravvivere emotivamente. Secondo Lise Bourbeau, continuare a vivere in funzione di esse significa restare prigionieri del passato. Solo accettando e accogliendo le proprie ferite, senza giudizio, ma con compassione, possiamo trasformarle in forza e vivere relazioni più autentiche, con noi stessi e con gli altri. “Guarire - ha sottolineato la psicoterapeuta - non significa eliminare le nostre ferite, ma accoglierle e riconoscere il ruolo che hanno avuto nel farci diventare ciò che siamo. È attraverso l’accettazione di sé che nasce la vera libertà”.

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