martedì 2 agosto 2022

RAINBOW ISLANDS

IL COLORATISSIMO EREDE SPIRITUALE DI

BUBBLE BOBBLE

Bubble Bobble è sicuramente uno dei videogame più rilevanti degli anni ‘80 e, assieme a Space Invaders, il gioco più importante lanciato sul mercato da Taito. Nel 1986, il prodotto pubblicato dal team nipponico riesce a rinfrescare il gameplay dei platform game "a schermo fisso" dando vita a un vero e proprio filone che porterà come frutti videogiochi del calibro di Snow Bros e TumblePop, tanto per citare alcuni dei più famosi. Soprattutto, il gioco porta tanti bei soldini nelle casse della software house giapponese, tra coin-op e conversioni per sistemi da casa: per questo l’arrivo di un seguito è un evento quantomeno prevedibile e scontato.

Taito affida nuovamente il progetto al compianto Fukio Mitsuji, già papà di Bubble Bobble, che però decide di evitare la strada del "seguito diretto" per dare vita invece a un videogame completamente differente: una scelta insolita e persino rischiosa, considerando la popolarità del primo episodio. Nasce così Rainbow Islands, uscito in sala giochi nel 1987 col sottotitolo "The Story of Bubble Bobble 2", proprio per spiegare il legame col best-seller dell’anno precedente. In effetti specificare che si tratta di un seguito è importante dal momento a che di primo acchito, a parte la grafica colorata, di somiglianze ce ne sono ben poche: nel gioco impersoniamo Bub (pardon, "Bubby") tornato finalmente bambino, impegnato a scalare una serie di livelli a scrolling esclusivamente verticale per raggiungere la cima di ciascuno di essi. Un compito non facile, dal momento che ciascun livello brulica di nemici che risultano letali al tocco: fortunatamente il nostro piccolo eroe con la faccia da pesce lesso è munito della capacità di generare piccoli arcobaleni che hanno la doppia funzionalità di ponti su cui camminare e armi con cui travolgere i nemici. Non solo: una volta creati, gli arcobaleni possono venire frantumati, causando così il loro crollo verticale che potrebbe eliminare i nemici sottostanti.

Insomma, quello degli arcobaleni è un nuovo, creativo metodo per eliminare le creature che vogliono impedirci di completare i livelli, fermo restando che - a differenza di Bubble Bobble - in Rainbow Islands non è necessario eliminare tutti i nemici per completare uno stage. Da Bubble Bobble torna anche la marea di colorati oggetti da raccogliere, tra dolci, frutta e oggetti preziosi su cui spicca un set di sette diamanti colorati: collezionandoli tutti si ha accesso ad alcuni livelli super-segreti che portano alla vera fine di Rainbow Islands, qualcosa che probabilmente in pochi hanno visto. Rispetto a Bubble Bobble il gioco perde purtroppo la modalità per due giocatori, con Bobby (il secondo bimbo) che entra in azione solo quando due partecipanti si alternano. Per il resto, lo spirito, la freschezza e la fantastica giocabilità del primo videogame trovano i loro corrispondenti anche in Rainbow Islands, che introduce anche elementi interessanti come le isole "a tema" (quella degli insetti, quella dei giocattoli, e così via) e i boss al termine di ciascuna di esse. Da notare che il compositore Hisayoshi Ogura ha adattato per il gioco la ben nota canzone Over The Rainbow presente nel film Il mago di Oz, cosa che ha scatenato la reazione di Metro-Goldwin-Mayer e ha portato Taito a modificare la colonna sonora in diverse conversioni del gioco. Rainbow Islands è infatti un altro successo per Taito e oltre alla vasta distribuzione nelle sale giochi di tutto il mondo il videogame viene convertito per un ampio set di piattaforme, dai computer a 8-bit a console come Mega Drive e NES.

A oggi è possibile godersi Rainbow Islands in diversi modi, visto che il gioco è incluso in numerose delle raccolte dei videogame classici targati Taito, senza contare la riedizione intitolata Rainbow Islands Revolution pubblicata su Nintendo DS. L’ultimo episodio di Rainbow Islands arriva nel 2009 con Towering Adventure, seguito pubblicato in esclusiva su Wii e Xbox 360, interessante rielaborazione di quello che è a tutti gli effetti un classico degli anni ‘80.

 

 

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