sabato 9 maggio 2020

LA RUBRICA DEL PROFESSORE

CONOSCERE PER SAPERE
(Appuntamento settimanale) 
a cura di Paolo Albino 

Posturologo - Chinesiologo
Esperto di Ginnastica Vertebrale
mail: profpaoloalbino@gmail.com

LA PUBALGIA 

La pubalgia è una sindrome molto diffusa, che in gergo medico è definita come sindrome retto adduttoria. Colpisce calciatori, tennisti, persone che praticano equitazione, o ciclisti, o chiunque pratica uno sport in cui vengono sollecitate le gambe. Naturalmente può colpire anche chi non pratica sport in modo professionistico, e spesso in questi casi, la causa va ricercata in altri fattori come squilibri posturali.

Quali sono le cause che la determinano ?


Le cause, sono davvero tante, e ne sono state identificate in letteratura, circa 70, ma in generale parliamo di una patologia da sovraccarico. Infatti per comprendere bene questa patologia, è importante analizzare il distretto anatomico ed il suo funzionamento. L’osso pubico ha la sede in cui si inserisce il muscolo Adduttore, (che permette l’avvicinamento della gamba verso l’interno), e il retto dell’addome. Questi muscoli sono davvero molto forti, ed i continui traumi ripetuti dal gesto atletico, determinano delle microlesioni e l’insorgenza di processi infiammatori. Un altro muscolo che subisce forti stress è l’ileopsoas: spesso e allungato, è costituito da due ventri muscolari: il grande psoas e il muscolo iliaco che si uniscono distalmente per inserirsi al piccolo trocantere del femore. Il muscolo viene classificato, insieme al piccolo psoas, tra i muscoli interni dell'anca. È un muscolo che insieme ai paravertebrali sorregge il rachide lombare.
I fattori che possono determinare una pubalgia sono molti, ma il più frequente è sicuramente lo sbilanciamento funzionale tra i muscoli addominali e il muscolo adduttore, con il secondo che risulta essere quasi sempre molto più forte e tonico. Talvolta la comparsa di una pubalgia è secondaria ad una contrattura o stiramento dei flessori dell’anca, i quali inducono un cambiamento nella postura, oppure può insorgere a causa di una lombalgia, che notoriamente contrae molto i muscoli ileopsoas.
In certi casi, il dolore compare anche in seguito a continui allenamenti su terreni non adatti (terreni troppo morbidi o troppo duri), o in seguito a calzature che modificano la dinamica della corsa, andando a sovraccaricare la zona. Statisticamente, sembrerebbe che il sesso maschile sia maggiormente colpito (va considerato comunque che gli uomini tendono a praticare maggiormente sport che sono già di per se a rischio come il calcio, il basket o il tennis).

Esistono vari gradi di pubalgia

Proprio in base al grado di infiammazione, è importante scegliere la via migliore per risolvere questo problema.
Grado 0: è un dolore leggero, spesso silente, che viene messo in evidenza alla palpazione, ma che non inficia minimamente la deambulazione
Grado 1: è una pubalgia, che il paziente avverte, solo quando prova a praticare lo sport, ma che passa dopo aver terminato. È il grado più sottovalutato, in quanto la maggior parte delle persone tendono a sottovalutare la sintomatologia, o ancor peggio tendono a “stringere i denti” sperando che passi da solo.
Grado 2: Il dolore persiste anche dopo la pratica sportiva, e il paziente lo avverte anche camminando normalmente. Parliamo qui di un grado importante di infiammazione che va curato immediatamente per evitare che peggiori e passi al grado successivo
Grado 3:(Tendinosi Cronica): in questo grado il paziente ha un dolore che gli impedisce anche solo di camminare. Il dolore è molto forte, e soprattutto, tende a non risolversi neanche con gli antinfiammatori. I tempi di recupero sono molto lunghi e non sempre le cure rispondono in maniera soddisfacente, limitando molto l’attività sportiva anche per mesi.

Come si riconosce e si diagnostica una pubalgia ?

Come spesso succede in medicina, la diagnosi è quasi sempre di tipo clinico, il medico durante la visita testa la zona dolorosa, ed esegue dei test, per mettere in evidenza se il dolore proviene mediante la stimolazione contro resistenza dell’adduttore o del retto dell’addome. La palpazione è molto importante e  spesso aiuta a fare diagnosi differenziale con l’ernia inguinale. Va considerata anche la possibilità di dolori al testicolo che possono facilmente irradiarsi in zona inguinale. Va infine considerata l’ipotesi di una appendicite che irradia dolore in zona inguinale. Si possono effettuare degli esami diagnostici per avvalorare la diagnosi. Il medico può prescrivere una ecografia, ed una risonanza magnetica, che generalmente mettono in evidenza uno stato infiammatorio più o meno severo. Possono anche evidenziare la presenza di calcificazioni in sede inserzionale o lesioni muscolari. In base al grado di Pubalgia diagnosticata, si può azzardare una tempistica per il recupero. Purtroppo più il grado è elevato, più sarà difficile guarire e maggiore il tempo richiesto per risolvere del tutto il problema.

Quale è la cura adatta per una pubalgia ?

Certamente, il riposo è la prima accortezza da seguire. Quando si parla di riposo, intendo dire la totale astensione da ogni attività sportiva. Non esiste un riposo parziale, va sospesa ogni attività fino alla scomparsa del dolore!
Se vi trovate nel grado zero, probabilmente basterà un riposo di circa una settimana, associato a impacchi di ghiaccio sulla zona dolente per circa 10-15 minuti, per 3 volte al giorno (anche se la zona è particolarmente sensibile). Può essere utile massaggiare la zona con una crema antinfiammatoria, e fare esercizi di stretching almeno una volta al giorno. Già seguendo queste accortezze, il dolore dovrebbe scomparire, ma se non fosse così può essere associato un antinfiammatorio per via orale, previo consulto col medico curante.
Se vi trovate invece nel grado 1, allora la situazione è più complessa, e va considerato il problema in maniera più completa. Infatti, va consultato immediatamente un medico Ortopedico/Fisiatra per la corretta diagnosi, e soprattutto, per affrontare al meglio l’iter curativo. Infatti, i soggetti che si trovano in questo stadio tendono a commettere un errore classico: sottovalutano la problematica e “stringono i denti”, convinti che il dolore per magia scomparirà da solo. Purtroppo per voi, non è così e anzi avete creato i presupposti per allungare i tempi di recupero. Se non verranno prese in considerazione le giuste precauzioni, si passerà facilmente al grado 2 o addirittura al grado 3, con tutti i problemi che ne conseguono. Valgono ugualmente i consigli per il grado 0, ma devono essere associati trattamenti fisioterapici/riabilitativi per guarire e risolvere la pubalgia con una cura efficace. Sia il grado 2 che il grado 3, sono la normale evoluzione di una pubalgia iniziata in maniera semplice, ma degenerata fino a divenire un problema cronico. Il medico, ma soprattutto il fisioterapista/kinesiologo/posturologo è obbligato ad analizzare la problematica da varie angolazioni, e  scoprire la causa che ha generato il problema, in quanto solo correggendo la causa sarà possibile curare la pubalgia evitando la cronicizzazione o delle ricadute.
Personalmente ho curato diversi soggetti con pubalgie e sono certo che il loro successo è stato ottenuto perché  si è associato il riposo, ad un importante “dose” di  stretching della muscolatura coinvolta. Una seduta di “posture” totalmente di stretching dalla durava di 60/90 minuti giornalieri. Non appena la sintomatologia dolorosa scompariva, mi concentravo sui deficit a carico di alcuni distretti muscolari, cercando di riequilibrare il soggetto a 360°.  Spesso un trattamento riabilitativo completo per risolvere una pubalgia, è sicuramente quello Posturale. Il Corpo umano è un unico elemento, e solo quando ogni area del corpo lavora in armonia, abbiamo il benessere. Nel caso specifico, la rotazione del bacino o un bacino squilibrato determinano una condizione di squilibrio per tutta la zona e ne fanno le spese le aree che sono sottoposte anatomicamente a molto stress.
Mi preme ricordare infine che il decorso di una pubalgia cronica è davvero molto lento e spesso snervante. Magari ci saranno una serie di sedute che sembreranno non sortire alcun risultato, poi improvvisamente noteremo un miglioramento costante, che si fermerà e saranno necessarie altre sedute per innescarlo nuovamente. In queste fasi di pausa, in cui al paziente sembrerà di non guarire, sarà fondamentale la tenacia, e l’impegno a proseguire per innescare la fase successiva. Va detto che nel caso di pubalgie gravi e croniche, potrebbero essere necessarie parecchie sedute, diluite in molto tempo, e spesso l’atleta/paziente tende a spazientirsi, ma solo la costanza paga in maniera completa. Va ricordato che nei casi più complessi è possibile ricorrere alla terapia infiltrativa locale.



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