lunedì 1 dicembre 2025

LA DIPENDENZA AFFETTIVA

LA RUBRICA

a cura della psicologa e naturopata Giulia Trubiano

Ciascuno di Noi aspira ad essere Felice ma allo stesso tempo possiede delle ferite e manifesta delle difficoltà perciò aumentare la propria consapevolezza significa saper affrontare le sfide e orientarsi al bene proprio e della comunità in cui si vive. 

"Amore è come una droga: all'inizio viene la sensazione di euforia, di totale abbandono. Poi il giorno dopo vuoi di più. Non hai ancora preso il vizio, ma la sensazione ti è piaciuta e credi di poterla tenere sotto controllo.

Pensi alla persona amata per due minuti e te ne dimentichi per tre ore. Ma, a poco a poco, ti abitui a quella persona e cominci a dipendere da lei in ogni cosa. Allora la pensi per tre ore e te ne dimentichi per due minuti.

Se quella persona non ti è vicina, provi le stesse sensazioni dei drogati ai quali manca la droga. A quel punto, come i drogati rubano e s'umiliano per ottenere ciò di cui hanno bisogno, sei disposto a fare qualsiasi cosa per amore..."

Paulo Coelho

INTRODUZIONE

‘’ L’ Amore è una delle esperienze più profonde e significative della vita umana. È un legame che unisce gli uni agli altri, ci fa sentire vivi, compresi, amati, accettati e sicuri. Ma cosa succede quanto l’amore si trasforma in una gabbia, in un bisogno incontrollabile di vicinanza che generare ansia, paura e angoscia? ‘’

L’essere umano è per sua natura Dipendente, fin dal momento della nascita. Tutti noi siamo piccoli e fragili mammiferi bisognosi di cure e attenzioni costanti. Dipendiamo fisicamente, Psicologicamente, emotivamente, economicamente e relazionalmente dal nostro Caregiver e ce ne separiamo molto lentamente durante tutta la crescita fino all’età adulta.

(Estratto dal mio Libro – La Madre )

L’umano nasce appeso ad un filo.

L’umano viene come letteralmente gettato nel mondo perché ne sia ammiratore e trasformatore. Ogni uomo è in sostanza partorito dal mondo e partoritore dell’avvenire, della specie e della terra. Siamo esattamente figli e genitori di questo mondo e solo a noi è concesso dare senso a tutte le creature animate e a tutti gli oggetti inanimati. A noi è dato il permesso di trovare un significato anche dove non c’è. Solo a noi è permesso di sognare, immaginare, pontificare e cristallizzare storie, immagini o vite per dirottare l’evoluzione oltre l’istintualità.  

Noi non ricordiamo il momento della nascita e il senso di vuoto e smarrimento connesso al parto ma durante la vita sperimentiamo molto presto e ripetutamente il sentimento di solitudine, malinconia e disperazione profonda a cui spesso non sappiamo dare una motivazione. Sentirsi soli e persi è in qualche modo un sentimento connaturato all’uomo di qualsiasi origine e cultura e nei momenti delicati della vita salta fuori come un fantasma travestito da depressione, ansia, panico, malinconia, apatia, bipolarismo, deliri, schizofrenia ecc….

Il bambino piccolo dipende dai suoi genitori per tutte le cose basiche della vita: riparo, cibo, affetto, protezione, e infine, ma non meno importante, per la necessaria quantità di piacere. Un essere umano non può vivere senza piacere. Negare questa verità è uno degli errori più deleteri che possiamo commettere.

Corpo, anima, mente e spirito appassiscono senza piacere.

Da adulti siete in grado, grazie al vostro impegno e alle vostre risorse, di trovare rifugio, cibo, affetto e sicurezza, e siete altrettanto capaci di farlo col piacere. In tutte queste aree però occorre avere contatti con gli altri, cooperare e comunicare con loro a vari livelli. Non potete procurarvi nessuna di queste necessità senza interagire con gli altri. Ma questa interazione è completamente differente dalla debole e passiva dipendenza del bambino piccolo. La persona pienamente adulta usa le sue forze migliori, la sua intelligenza, la sua intuizione, i suoi talenti, la capacità di osservazione e la flessibilità, per andare d’accordo con gli altri nel dare e ricevere.

Se l’esistenza giunge con una domanda allora la vita vera nasce quando si accoglie il grido. Sembrerebbe agli occhi di Lacan che un grido lasciato senza risposta sia la negazione della vita e il confinamento dell’essere umano in un mondo autistico, disconnesso e incapace di stabilire un vero contatto che significhi la sua essenza. Cos’è autismo se non l’impossibilità di creare una reale connessione con gli altri lasciandosi invadere nella propria emotività.

Il problema sorge quando il grido della vita non è accolto dalla madre. In questo caso la vita cade nel vuoto e non sa darsi senso da sola. L’immagine più calzante coincide con la strage degli innocenti di Erode in cui centinaia di bambini furono uccisi, senza considerare il loro Nome, ma in nome di un Altro: il nome di Gesù.

Allora la Madre è colei che può raccogliere il grido del figlio e con la sua sola presenza riconoscergli l’essenza. La madre come specchio concretizza innanzi tutto l’ontogenesi psicologica in cui ciascuno si percepisce come esistente.

Cosa succede se la madre non coglie il grido del figlio?

Si forma quella che chiamerò ferita. Dobbiamo subito premettere che nella storia di ciascuno di noi, ove si parla di ferita, si parla sempre di rapporto con l’altro, poiché da questo giunge l’intera opera di costruzione dell’identità e della sfera emotiva. Non si può in alcun modo escludere l’educazione e l’imprinting familiare dai vissuti soggettivi se si conduce un’analisi seria di auto conoscimento. La psiche sana si costituisce come un campo spazio temporale con connessioni logiche di cause-effetto durante tutto l’arco della vita. I primi mesi e i primi anni sono quelli più cruciali dove è molto facile sviluppare traumi, carenze affettive e distorsioni. Se il contesto familiare è generalmente ostile e aggressivo o affettivamente piatto il mondo del bambino si costruisce come un castello grigio entro cui il piccolo non può avere autostima, fiducia ed efficacia sul mondo. Qui non si parla di scaricare la colpa sui genitori, ma di prendere atto che lo sviluppo dell’essere umano è plasmato dalle relazioni affettive e quelle familiari sono le più rilevanti. Molti resistono a questo concetto poiché desiderano salvare l’ideale dei propri genitori come fossero Dei dell’Olimpo, incolpando invece se stessi delle proprie scelte sbagliate o mancanze. Questa è la struttura tipica della sub personalità depressiva, intenta a puntare il dito sempre verso di sé assumendosi colpe e responsabilità altrui, quasi come un sottile masochismo psichico che però preserva apparentemente le sue relazioni con l’esterno. La sub personalità depressiva è infatti solita auto sabotarsi accusando se stessa con critiche e aggressioni.

Il bambino forma la sua identità attraverso i genitori. Ciò che essi gli fanno, gli dicono e non gli dicono entra a far parte di quella mappa informatica che crea il sé personale. I bambini molto piccoli possiedono un istinto naturale nel comprendere la qualità dell’amore che ricevono e se sentono di nell’ambiente ostilità, interiorizzeranno questo sentimento come parte di loro stessi. Questo stato perpetuato nel quotidiano diventa uno stato umorale di sottofondo che si va ad impiantare sulla personalità e ne costituisce una sfumatura caratteriale. Uno schema familiare ostile che diventa ‘’normale’’, direbbe Freud, è un sistema che genera individui adulti che andranno alla ricerca di relazioni sofferenti cercando di ripetere il modello che già conoscono, tentando però stavolta di risolverlo e spezzare la dinamica infantile. In psicologia questa è chiamata coazione a ripetere ed è molto frequente quando si assiste a racconti di donne che vissute in famiglie aggressive subiscono e sopportano violenze da adulte da parte dei loro compagni. Di questo fatto, il singolo non dovrebbe assumersi la colpa quanto piuttosto portare a consapevolezza la sofferenza infantile e sanarne le radici in modo da non dover più andare in cerca di un surrogato genitoriale con il quale risolvere la mancanza subita. La dove nelle storie non emerge apparentemente nessun episodio negativo, ma la persona continua a stare male e le dinamiche si ripresentano, dobbiamo sondare in modo più approfondito poiché la memoria cela alla coscienza molti contenuti, soprattutto quelli sensibili come per difendersi. Alle radici si deve sempre risalire, sia che esse siano superficiali come quelle del muschio, sia che esse siamo profonde come quelle di una quercia.

1 Come inizia una storia di dipendenza?

La dipendenza affettiva è considerata una forma di amore (non amore) ossessivo, simbiotico e fusionale che crea dipendenza e craving. I segni comuni che vengono descritti dal DSM – IV sono:

a. Astinenza (insonnia, tachicardia, mal di testa, tensione muscolare, letargia ecc..) accompagnati da sentimenti emotivi di intensa paura, angoscia, frustrazione e minaccia

b. Comportamenti di eccessiva cura verso il partner a discapito della propria

c. Perdita di controllo sul proprio comportamento

d. Notevole quantità di tempo speso per controllare il partner

e. Mantenimento del legame a costo di creare danno alle altre relazioni familiari, amicali, lavorative o ai propri interessi

Secondo altri studi più recenti questi sintomi non sarebbero sufficienti ad inquadrare la complessità della dipendenza emotiva e quindi possiamo aggiungere alcuni tratti distintivi e tipici delle dipendenze da sostanza (come Alcoll e Droga) quali: salienza (focus costante sulla relazione), Craving, euforia, tolleranza, pensieri intrusivi, disagio fisico ed emotivo, astinenza, conflitto e ricaduta.

Alcuni segnali a cui prestare attenzione:

1) L’altro diventa indispensabile per l’equilibrio emotivo personale

2) L’altro diventa l’unica ragione per sentirsi motivati e vivi

3) L’altro è l’unico per salvare la persona dalla sua crisi o stato di malinconia

4) La persona ‘dipendente’ non riesce ad elaborare la perdita dell’amato

5) La persona ‘dipendente’ rinuncia ai propri interessi, la propria socialità e i propri valori per compiacere l’altro

6) La persona dipendente si ritrova sola e abbandonata nella relazione stessa

La relazione affettiva non è la presenza del partner Narcisista. La natura della relazione è diversa anche se è possibile avere uno dei due partner con aspetti narcisisti.

La prima fase della dipendenza affettiva è la fase dell’INNAMORAMENTO. Esattamente come in tutte le storie d’amore le due persone sono motivate e curiose di conoscere l’altra persona. I primi giorni ed i primi momenti sono quasi sempre simili agli amori sani. Ma ben presto qualcosa cambia…….


 


 

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